Mc donald's: La crisi
Calo delle vendite, chiusura di locali, programmi di gestione negli U.S.A., con 24 ore su 24 di apertura per la colazione, ipotesi di panini giganti: da ottobre la crisi di McDonald's è nota e piace. Come va interpretata? Il declino dell’hamburger? Il primo dei segnali di un profondo riassesto di tutta la panineria urbi et orbi? Partiamo non dagli scandali che hanno colpito la carne bovina in Cina, né dai timidi tentativi in Italia di offrire la dieta mediterranea o di promuovere i panini firmati Gualtiero Marchesi, ma riesaminiamo un mono-prodotto globale forte della sua identità e un consumatore che per una/due generazioni, vi si è rispecchiato. Durante il passato ventennio, l’obbiettivo è stato di creare un cibo senza frontiere, dimostrando che sviluppo economico e nutrizione potevano trovare un unico punto di incontro, computabile col numero di locali McDonald's. Dietro di essi l’egemonia degli Stati Uniti, ad un tempo modello di ricchezza e di uguaglianza, capace di nutrire a bassissimi costi un numero illimitato di persone. Oggi, il tramonto di un mito. A pesare sulla chiusura degli esercizi non è il rifornimento carneo, problematico o scandaloso, né gli effetti di una dieta calorica che ha contribuito alla globesity – sono stati i temi di un dibattito ininterrotto e sterile – quanto la monotonia dell’offerta e soprattutto un futuro senza futuro. Le icone dell’hamburger che artisti di grande talento hanno creato con successo, contribuendo alla sua stratificazione verticale, aerea, e alla delizia delle sue varietà cromatiche, sono finite nei musei, trascinando il "Big Mac" ad essere anch’esso museale. Alla risposta che se ne consumano ancora milioni al giorno, si controbatte con il desiderio, l’appetito, la curiosità che devono permetterci di vedere al di là non solo di esso ma di una panineria congelata in alcuni prototipi. L’avventura cominciata da McDonald's nella California negli anni ’50 è ignota ai consumatori che vedono solo quanto sta loro sotto gli occhi e ne è se non la fine, un'altra faccia, senza antecedenti né discendenti, disegnata con luci, arredi, macchine di cottura, divise, imballaggi e casse. Dov’è più quell’America di autostrade e drive-in, del cinema e della libertà ? La crisi di McDonald non è crisi della panineria. Il pane resta al centro di un’offerta che incrocia prodotti di ogni sorta, locali e marchiati, ed è la base di una ricerca strutturale con finalità differenziate che coinvolgono tutte le forme di consumo pubblico e privato. E’ un referente globale purché declinato con una riflessione attenta alle sue infinite varietà e alla sua incessante capacità di trasformarsi a contatto con latticini, salumi, verdure, carni, pesci. Il pane, per un europeo, è il cervello, lo spirito di tutto il sistema alimentare, nel quale possiamo ritrovare idee, sogni, appetiti, offrendo al morso il sapore della cultura. Fumisterie, astrazioni? No, volontà di leggere questa svolta nei consumi, con strumenti nuovi, identificando nel cibo la nostra storia passata, presente e futura, e sottoponendo l’hamburger americano d’ultima generazione, ad un esame critico con domande e risposte.