Community del Panino: intervista a Massimo Dell’Albani
Massimo Dell’Albani, titolare di Veni a Tastari, di Avola, è uno dei primi iscritti alla Community del Panino. Lo abbiamo intervistato per farci raccontare tutto il buono dei suoi panini.
A cura di Laura Rizzato
Qual è la prima cosa che ti viene in mente quando pensi al “panino”?
È il pasto più veloce da consumare e il modo più diretto e semplice di far conoscere la qualità di un prodotto. Gusto e qualità sono i due cardini, nella mia visione.
Ci racconti un po' la storia del tuo locale? Come è nato? Tu da sempre volevi fare questo lavoro? Che cosa ti piace del fare i panini?
Ho sempre avuto il desiderio di avere un locale, ma è stato un sogno, il mio sogno nel cassetto per diversi anni. Ho lavorato nella grande distribuzione e questa è stata una fortuna perché ho potuto conoscere persone che mi hanno aiutato a imparare il lavoro di ricerca e selezione dei prodotti, che tutt’oggi è una parte importante nel mio lavoro. Il sogno nel cassetto stava lì, anche perché avevo un contratto a tempo indeterminato che mi dava stabilità, e per aprire una mia attività avrei dovuto lasciare questa sicurezza per un’incertezza.
C’è stato però un momento nel 2013 in cui ho finalmente deciso di dare spazio al mio sogno: volevo creare una putìa, un negozietto dove vendere prodotti, che ho avviato inizialmente come rivendita di pane; poi pian piano ho pensato di abbinare il pane al pesce e ai formaggi di pecore, e da lì sono nati i primi panini. La gente ha iniziato a frequentare il mio locale, ad assaggiare, apprezzare, recensire... e piano piano sono cresciuto. Così ho deciso di creare un menu di 7 panini, attraverso i quali rivisitare vecchie ricette.
Oggi i miei panini a menu sono 30. Il pane cunzato, per esempio, è un pane semplice, condito come vuole la tradizione. Ro zu turi: è uno dei miei panini più apprezzati, con l’insalata di arance, un tradizionale cibo povero, riportata in un panino. Anche ciauru a ghiotta, con il tonno, ha una storia interessante: molti anni fa, alla tonnara locale potevano accedere solo le persone ricche; i poveri potevano acquistare solo gli scarti del tonno e con quelli si faceva la ghiotta; ecco, da lì io ho recuperato questa tradizione povera e l’ho messa nel panino. Il mio negozio ormai è diventato un posto ambito, una tappa del proprio “pellegrinaggio”. Ogni mio panino ha una storia, un’ispirazione, un ricordo, un pensiero.
A proposito di ricordi, qual è il primo panino che ricordi di aver mangiato?
Il primo panino che ricordo è quello che ho anche scelto per partecipare al progetto dell’Accademia “I Panini della Rinascita, il menu di una nuova unità d’Italia” che ho chiamato L’abbraccio di Massimo e che vuole restituire l’abbraccio che con quel panino la mia famiglia ha dato a me. Si tratta infatti di un panino che mi faceva la mamma, con la mortadella, il salume più povero allora, e un formaggino. Per me questo è stato l’abbraccio della mia famiglia perché, che nel panino ci fosse anche il formaggino, era un di più non scontato.
Allora, al contrario, qual è l’ultimo panino che hai mangiato?
Visto che con un mio collaboratore stiamo valutando dei nuovi panini da inserire nel menu del locale, direi che l’ultimo l’ho assaggiato proprio ieri: si tratta di un panino con la bufala, perché l’intento è quello di rappresentare Campania, Calabria e Sicilia, le tre grandi sovrane del sud. Non so ancora quando sarà inserito a menù, perché lo devo ancora perfezionare: per me i panini devono dare un’emozione, prima con vista – come dico ai clienti che entrano nel locale -, poi con l’olfatto e dopo con il palato. Come mi piace sempre dire: “O mangi, o fai atti masticatori”, mangiare è un’emozione per la vista, l’olfatto e il palato, non è solo un’azione per assumere del nutrimento.
È bellissimo questo rispetto che hai per il cibo e l’atto del mangiare, quindi ti chiedo – ancora per contrasto – qual è un panino non mangeresti mai?
Non mangerei mai un panino che unisce troppi gusti forti o un panino da fast food di bassa qualità. Ma un’altra cosa che non ammetto, da Don Chisciotte quale sono, è un panino abbinato a bevande industriali di bassa qualità. Mangiare un panino accompagnandolo con un cattivo bicchiere per me non è sprecato. Io preferisco selezionare bevande per esempio da una piccola azienda di Ragusa da cui mi rifornisco, che fa bevande analcoliche all’arancia, al limone, al chinotto e via dicendo; oppure un buon vino o una birra, che io acquisto dallo Stretto, una cooperativa locale di 15 soci.
Visto che abbiamo parlato di qualità, di gusto, di tradizioni locali, il panino italiano è diverso dagli altri? Perché?
In Italia abbiamo la cultura del gusto e della qualità che negli altri stati non c’è. Abbiamo tantissime eccellenze, per questo il nostro panino è qualità. Noi facciamo il panino italiano, gli altri stati fanno solo un panino. Chi fa il panino è chi ama il panino e vuole dare qualità tra due fette di pane. Le catene di fast food fanno cibo per riempire non bene lo stomaco. La battaglia che invece dobbiamo portare avanti è quella di far venire fuori, fare emergere le eccellenze del mondo del panino. Gli chef hanno tutte le loro stelle, la pizza ha i suoi riconoscimenti, il pane anche, … Noi dobbiamo premiare chi fa il panino di qualità, motivandoli sempre di più. Lo dico da protagonista del settore: io cerco sempre sfide e stimoli per me stesso, per migliorare e motivare con passione il mio lavoro. La qualità è il respiro di quello che facciamo: Accademia del Panino Italiano, per un paninaro come me, significa migliorarmi, cercare sempre di fare meglio. E tutta la rete di chi fa questo lavoro come me deve riuscire a suonare la stessa sinfonia, una melodia bellissima, ciascuno con il suo strumento.
Qual è secondo te la ricetta di un panino ambasciatore del made in Italy? C'è qualche specialità o ingrediente che ti sembra fondamentale inserire?
Io stesso sto pensando di creare un panino ambasciatore del gusto, credo che sarà un lavoro che mi richiederà molto tempo, perché ci sono vari salumi, tanti ingredienti… ma io vorrei sicuramente utilizzare il pesce, che io amo. Dal mare mi ispiro, fin dal mattino quando fumo il mio sigaro guardando il mare: è fonte di ispirazione per me. Sto valutando la ricciola, nella sua agilità ed eleganza, e il pesce spada, per poi unirli a altri ingredienti. Ma appunto non ho ancora definito la mia ricetta.
Gettando lo sguardo più in là, come immagini il panino tra 20 anni? Quale sarà il panino del futuro?
Il futuro andrà avanti guardando al passato: sarà un futuro con i grani antichi, perché il ritorno al passato e alle nostre eccellenze, nel ritmo sempre più veloce della vita, ci servirà a rallentare un po'. L’Italia, d’altra parte, ha un valore aggiunto in questo senso: le nostre eccellenze sono tantissime e vanno tutelate, e con queste avremo sempre un posto sul podio della gastronomia mondiale. All’estero noi siamo i fortunati, siamo quelli che mangiano bene. Siamo visti così. Anche con il progetto dei Panini della Rinascita, abbiamo dato un chiaro segnale inequivocabile: siamo ripartiti quando la gente era disperata.
Se fossi un panino, che panino saresti?
Una bella pagnottona, abbondante, con la mortadella, che per me è il salume più piacevole olfattivamente, accompagnata con i peperoncini lombardi, dolci e piccanti insieme.
Cosa vuoi suggerire, che messaggio vuoi dare a chi come te fa questo lavoro?
Il mio invito è a fare un lavoro di qualità, a non fare dei panini un mero strumento economico. Che sia un lavoro per far mangiare bene la gente, facendo attenzione ai valori nutrizionali; chi fa questo lavoro dovrebbe sempre spiegare i panini, saper dire di no a un abbinamento che non va. Saper regalare cultura alimentare oltre che un panino farcito. L’emozione del panino, che deve essere fatto a vista, va raccontato, spiegato, sapendo giustificare la scelta di ogni abbinamento. È necessario essere professionisti che vendono qualità.
Se anche tu, Lettore, hai un locale, entra nella Community del Panino: perché fare un panino è una cosa seria e c’è sempre da imparare!
Per info: www.accademiapaninoitaliano.it/community